L’ho inventato io. Antonio Meucci

Luogo
Museo Barsanti e Matteucci - Lucca
Periodo
Sabato 12 ottobre ore 16.00

Antonio Meucci, nato nel 1808 nel quartiere di San Frediano, è uno dei molti fiorentini che, esportando il loro ingegno, hanno contribuito a rendere grande l’immagine di Firenze nel mondo. Antonio Meucci era molte cose: sperimentatore ingegnoso e visionario, amante delle donne, arrestato due volte per amore, studente all’Accademia delle Belle Arti di Firenze, macchinista teatrale alla Pergola, carbonaro, scenografo al Teatro Nazionale di Cuba, imprenditore a New York, amico e socio di Garibaldi, nemico giurato di Alexander Graham Bell, ma soprattutto è
l’inventore del telefono.

L’11 giugno 2002, a 113 anni dalla morte, Antonio Meucci è stato, finalmente, riconosciuto ufficialmente primo vero inventore del telefono dal Congresso degli Stati Uniti, che ha annullato il brevetto a nome di Alexander Graham Bell. A 20 anni da quella data, per celebrare questo riconoscimento, Riccardo Rombi scrive per gli attori di Cantiere Obraz un testo sulla vita di Meucci, vero genio fiorentino.

La corrente elettrica è l’enorme scoperta che segna un passaggio nella storia dell’uomo. Attraverso di essa “si illuminano le strade e le menti degli uomini”, racconta al pubblico Ester/Alessandra nel suo monologo iniziale al microfono, tratteggiando la biografia dell’inventore. Fino ad entrare letteralmente nell’invenzione del telefono. Uno spazio condiviso dai due personaggi. Un’isola d’amore proiettata nel futuro dove le immagini del passato riecheggiano come il suono di un vecchio carillon. Amore per la libertà e per la causa risorgimentale italiana.
Amore per l’umanità e desiderio di progresso. Amore coniugale tra Ester e Antonio costantemente occupati l’uno per l’altra a sostenersi e a proteggersi. Amore per quell’invenzione, figlia delle loro innumerevoli disgrazie, fino al punto di diventare l’unico ultimo scopo dell’esistenza. Quell’invenzione che avrebbe segnato un’epocale cambiamento nella storia dell’uomo. Il telefono. Quel telefono che oggi accompagna ogni istante della nostra giornata. Quel
telefono che Antonio/Paolo nella sua uscita dal personaggio al microfono invita il pubblico ad accendere. Per chiamare “una persona che ci è vicina, ma che in questo momento si trova fisicamente lontana”. E il pubblico non esita. Chiama. Quel telefono sognato, pensato e nato per unire le persone e che già dal suo primo vagito ha
creato divisioni e conflitti. Quel telefono strappato dal sogno di Meucci e immediatamente sbattuto
sul tavolo della mercificazione.

Ester morirà sfinita dalla sua artrite reumatoide. Antonio, in breve tempo, la seguirà dopo essere impazzito per l’amara delusione e la battaglia legale per il furto del suo brevetto. Restano i suoni. Quei suoni che popolano costantemente la scena. Le voci. I fruscii. Restano con noi Ester e Antonio ogni volta che il telefono squilla, appoggiamo l’orecchio e pronunciamo la parola “pronto?!”.

drammaturgia Riccardo Rombi
con
Paolo Ciotti e Alessandra Comanducci
supervisione artistica Michela Cioni
scenografia, oggetti e costumi Thomas Harris
luci Diego Cinelli
assistente alla produzione Antonella Longhitano
organizzazione Michela Cioni e Emilia Paternostro
ufficio Stampa Camilla Pieri

Evento a cura di Museo mostra permanente Barsanti e Matteucci e Fondazione Toscana Spettacolo

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